Nuove regole e una significativa redistribuzione del reddito
Con 257 sì e 41 no passa la fiducia al governo sul decreto Salva Italia. Dichiarazione di voto di Nicola Latorre alla manovra economica del governo Monti. “Rigore e serietà nelle proposte e nei comportamenti: questo serve oggi all'Italia”
Signor Presidente, signor Primo Ministro, signori del Governo, colleghi, approveremo anche qui al Senato come alla Camera una manovra che per i sacrifici chiesti a tutti gli italiani è durissima ma che serve al Paese perché commisurata alla drammaticità del momento. E' una manovra non più rinviabile poiché ogni ora trascorsa, senza agire, avrebbe reso sempre più amara la cura necessaria giacché ormai eravamo prossimi al precipizio. Occorreva dunque agire subito e con coraggio.
È questa la ragione per cui il nostro partito, il Partito democratico, ha rinunciato ad una competizione elettorale che ci avrebbe visto quasi certamente vincenti, ma che avrebbe potuto consegnarci dopo un Paese in frantumi. E smettiamola con questa sciocchezza della sospensione della democrazia. Questo Governo è nato nel pieno rispetto delle procedure costituzionali, proprie di una democrazia parlamentare qual è la nostra.
Molto del futuro dell'Italia dipenderà da come usciremo da questa crisi che è diversa da quelle affrontate nel passato e non solo perché sono diversi i numeri e non è poca questa differenza ma anche perché è profondamente diversa la sua natura. Quella che oggi non riguarda soltanto noi anche se il nostro è uno dei Paesi più esposti. E non è soltanto una crisi economica. Stanno crollando alcuni pilastri che reggevano gli equilibri e le strutture delle società in questa parte del mondo.
Un grande storico del Cristianesimo ha scritto di recente che la svolta storica che ci sovrasta è di proporzioni superiori al panico che produce ma che non è la fine del mondo, è la fine di un mondo, un vero e proprio passaggio di epoca che ci impone di affrontare l'emergenza, tenendo fermo lo sguardo sul futuro. E che cosa se non la politica può garantire questo nesso? Altro che meno politica!
Sono questi i momenti in cui la politica deve sapere riaffermare il suo primato. Guai dunque a smarrire il filo tra le scelte di oggi ed il domani che vogliamo, convinti come siamo che a quel domani si deve arrivare con nuove regole e con una significativa redistribuzione del reddito. Sì, una redistribuzione del reddito.
Vedete, una società nella quale - come ci ha ricordato la Banca d'Italia - alla fine del 2008 il 10 per cento delle famiglie possedeva il 45 per cento della ricchezza nazionale, mentre la metà delle famiglie ne deteneva solo il 10 per cento, è una società inevitabilmente destinata al declino.
Ecco perché noi abbiamo insistito tanto sul tema dell'equità. E' un bisogno di giustizia sociale ma è anche un'esigenza economica. Ed allora il recupero della indicizzazione delle pensioni minime sino a 1.400 euro, l'aumento della detrazione Imu, in base al carico familiare sono state correzioni importanti che aggiunte ai nuovi strumenti di lotta all'evasione fiscale ed alle tasse sui beni di lusso, ai buoni sulle operazioni finanziarie contenute nella manovra introducono certamente elementi di equità e di novità, molto positivi. Ma non basta! Ora dobbiamo agire per sanare altre ingiustizie, che ancora persistono come quelle che riguardano i cosiddetti lavoratori precoci oltre ai tanti non coperti dagli ammortizzatori sociali, la cui riforma non è più rinviabile.
L'altro ieri il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che vogliamo qui ancora una volta ringraziare perché nella nebbia di questa crisi ha rappresentato una luce che ha illuminato una possibile via d'uscita, ha ribadito che non c'è risanamento senza crescita, che senza politiche per la crescita rischiamo di dilapidare anche questa manovra.
Ma occorre dare, caro Presidente, rapidamente attuazione a misure incisive su pochi e selezionati capitoli, rompendo l'insopportabile groviglio di rendite di corporazioni, puntando ad estirpare la piaga del lavoro nero ed a liberare dall'esclusione sociale e dalla precarietà le donne e i giovani italiani a cui si aggiungono i tanti che il lavoro lo stanno perdendo, ritrovandosi troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per un nuovo lavoro.
Come lei, presidente Monti, ha sottolineato - è molto importante quello che ci ha detto questa mattina - questi obiettivi rendono indispensabile la ricerca di un nuovo patto con tutte le forze sociali, oggi più realizzabile anche grazie ad una ritrovata unità del sindacato italiano. Rigore e serietà nelle proposte e nei comportamenti (anche nei nostri): questo serve oggi all'Italia.
È del tutto legittimo che ci si collochi all'opposizione, ma guai se la demagogia prende il sopravvento. Spiace rilevare che i colleghi della Lega, che sino a poche ore fa erano al Governo, ora sono come improvvisamente rapiti da un'ebbrezza rivoluzionaria quando vengono in Aula o quando sono davanti alle telecamere. Ma se hanno perso il pelo, non hanno perso il vizio: quando quelle telecamere si spengono, eccoli pronti a votare per il mantenimento dei doppi incarichi e dei doppi stipendi di sindaci e senatori. Quando quelle telecamere si riaccendono, sono pronti ad insultare il Sud come luogo dello spreco, ma quando si spengono eccoli pronti a difendere il Sud di Cosentino.
Infine, non possiamo sprecare altro tempo per le riforme: per cambiare la legge elettorale e ristabilire quel rapporto tra elettori ed eletto che è stato fondamentale per la nostra democrazia, per superare il bicameralismo perfetto, per ridurre il numero dei parlamentari e per proseguire in quel lavoro (che, presidente Schifani, è stato già iniziato insieme al Presidente della Camera) per ridurre i costi impropri della politica, senza mai confonderli con i costi della democrazia (perché la democrazia ha un costo). Solo così avremo le carte in regola per respingere i linciaggi qualunquistici che sentiamo echeggiare e che tanto male possono fare alla democrazia. Tutto questo si rivelerà proficuo soltanto in una dimensione europea.
Presidente Monti, abbiamo apprezzato molto questa consapevolezza, che lei ha più volte espresso. A questo punto, però, la prospettiva europea richiede che si affronti con coraggio e chiarezza il tema della legittimazione e della vitalità democratica del progetto europeo. O l'Europa sarà sempre più quella del popolo europeo e sempre meno la somma dei Governi, oppure non sarà. Oggi, purtroppo, non è questa la linea di tendenza che sta prevalendo nella condotta dei Governi, ad iniziare da quello tedesco, che pensa più ad un'Europa tedesca che ad una Germania europea. Un'Italia che torna finalmente protagonista in Europa deve impegnarsi per sconfiggersi quella linea. La sfida è di quelle che possono far tremare i polsi, ma il Partito Democratico la affronterà, consapevole delle difficoltà - sono tante -, che ci aspettano, ma con la serenità e la determinazione di chi sa che l'Italia è un grande Paese, che ha al suo interno le risorse umane e morali per vincere questa sfida. Con questo spirito, Presidente, le rinnoviamo la nostra fiducia.
È questa la ragione per cui il nostro partito, il Partito democratico, ha rinunciato ad una competizione elettorale che ci avrebbe visto quasi certamente vincenti, ma che avrebbe potuto consegnarci dopo un Paese in frantumi. E smettiamola con questa sciocchezza della sospensione della democrazia. Questo Governo è nato nel pieno rispetto delle procedure costituzionali, proprie di una democrazia parlamentare qual è la nostra.
Molto del futuro dell'Italia dipenderà da come usciremo da questa crisi che è diversa da quelle affrontate nel passato e non solo perché sono diversi i numeri e non è poca questa differenza ma anche perché è profondamente diversa la sua natura. Quella che oggi non riguarda soltanto noi anche se il nostro è uno dei Paesi più esposti. E non è soltanto una crisi economica. Stanno crollando alcuni pilastri che reggevano gli equilibri e le strutture delle società in questa parte del mondo.
Un grande storico del Cristianesimo ha scritto di recente che la svolta storica che ci sovrasta è di proporzioni superiori al panico che produce ma che non è la fine del mondo, è la fine di un mondo, un vero e proprio passaggio di epoca che ci impone di affrontare l'emergenza, tenendo fermo lo sguardo sul futuro. E che cosa se non la politica può garantire questo nesso? Altro che meno politica!
Sono questi i momenti in cui la politica deve sapere riaffermare il suo primato. Guai dunque a smarrire il filo tra le scelte di oggi ed il domani che vogliamo, convinti come siamo che a quel domani si deve arrivare con nuove regole e con una significativa redistribuzione del reddito. Sì, una redistribuzione del reddito.
Vedete, una società nella quale - come ci ha ricordato la Banca d'Italia - alla fine del 2008 il 10 per cento delle famiglie possedeva il 45 per cento della ricchezza nazionale, mentre la metà delle famiglie ne deteneva solo il 10 per cento, è una società inevitabilmente destinata al declino.
Ecco perché noi abbiamo insistito tanto sul tema dell'equità. E' un bisogno di giustizia sociale ma è anche un'esigenza economica. Ed allora il recupero della indicizzazione delle pensioni minime sino a 1.400 euro, l'aumento della detrazione Imu, in base al carico familiare sono state correzioni importanti che aggiunte ai nuovi strumenti di lotta all'evasione fiscale ed alle tasse sui beni di lusso, ai buoni sulle operazioni finanziarie contenute nella manovra introducono certamente elementi di equità e di novità, molto positivi. Ma non basta! Ora dobbiamo agire per sanare altre ingiustizie, che ancora persistono come quelle che riguardano i cosiddetti lavoratori precoci oltre ai tanti non coperti dagli ammortizzatori sociali, la cui riforma non è più rinviabile.
L'altro ieri il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che vogliamo qui ancora una volta ringraziare perché nella nebbia di questa crisi ha rappresentato una luce che ha illuminato una possibile via d'uscita, ha ribadito che non c'è risanamento senza crescita, che senza politiche per la crescita rischiamo di dilapidare anche questa manovra.
Ma occorre dare, caro Presidente, rapidamente attuazione a misure incisive su pochi e selezionati capitoli, rompendo l'insopportabile groviglio di rendite di corporazioni, puntando ad estirpare la piaga del lavoro nero ed a liberare dall'esclusione sociale e dalla precarietà le donne e i giovani italiani a cui si aggiungono i tanti che il lavoro lo stanno perdendo, ritrovandosi troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per un nuovo lavoro.
Come lei, presidente Monti, ha sottolineato - è molto importante quello che ci ha detto questa mattina - questi obiettivi rendono indispensabile la ricerca di un nuovo patto con tutte le forze sociali, oggi più realizzabile anche grazie ad una ritrovata unità del sindacato italiano. Rigore e serietà nelle proposte e nei comportamenti (anche nei nostri): questo serve oggi all'Italia.
È del tutto legittimo che ci si collochi all'opposizione, ma guai se la demagogia prende il sopravvento. Spiace rilevare che i colleghi della Lega, che sino a poche ore fa erano al Governo, ora sono come improvvisamente rapiti da un'ebbrezza rivoluzionaria quando vengono in Aula o quando sono davanti alle telecamere. Ma se hanno perso il pelo, non hanno perso il vizio: quando quelle telecamere si spengono, eccoli pronti a votare per il mantenimento dei doppi incarichi e dei doppi stipendi di sindaci e senatori. Quando quelle telecamere si riaccendono, sono pronti ad insultare il Sud come luogo dello spreco, ma quando si spengono eccoli pronti a difendere il Sud di Cosentino.
Infine, non possiamo sprecare altro tempo per le riforme: per cambiare la legge elettorale e ristabilire quel rapporto tra elettori ed eletto che è stato fondamentale per la nostra democrazia, per superare il bicameralismo perfetto, per ridurre il numero dei parlamentari e per proseguire in quel lavoro (che, presidente Schifani, è stato già iniziato insieme al Presidente della Camera) per ridurre i costi impropri della politica, senza mai confonderli con i costi della democrazia (perché la democrazia ha un costo). Solo così avremo le carte in regola per respingere i linciaggi qualunquistici che sentiamo echeggiare e che tanto male possono fare alla democrazia. Tutto questo si rivelerà proficuo soltanto in una dimensione europea.
Presidente Monti, abbiamo apprezzato molto questa consapevolezza, che lei ha più volte espresso. A questo punto, però, la prospettiva europea richiede che si affronti con coraggio e chiarezza il tema della legittimazione e della vitalità democratica del progetto europeo. O l'Europa sarà sempre più quella del popolo europeo e sempre meno la somma dei Governi, oppure non sarà. Oggi, purtroppo, non è questa la linea di tendenza che sta prevalendo nella condotta dei Governi, ad iniziare da quello tedesco, che pensa più ad un'Europa tedesca che ad una Germania europea. Un'Italia che torna finalmente protagonista in Europa deve impegnarsi per sconfiggersi quella linea. La sfida è di quelle che possono far tremare i polsi, ma il Partito Democratico la affronterà, consapevole delle difficoltà - sono tante -, che ci aspettano, ma con la serenità e la determinazione di chi sa che l'Italia è un grande Paese, che ha al suo interno le risorse umane e morali per vincere questa sfida. Con questo spirito, Presidente, le rinnoviamo la nostra fiducia.
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